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Rutelli: «Dall’Ucraina al clima, l’Ue sia più coraggiosa o perderà il suo ruolo»

l presidente dello Ied ed ex sindaco di Roma: «L’Europa entri in campo per favorire la de-escalation fra Kiev e Mosca. Politiche ambientali solo con il consenso popolare»

Un’Europa «più coraggiosa», che non rinunci al ruolo di capofila nel tentativo di de-escalation in Ucraina e negli altri conflitti in corso. E un’Italia che – sul modello di quanto si è cominciato a costruire col Piano Mattei – consolidi la propria diplomazia, ma anche il made in Italy, come «leva di cambiamento» sullo scenario globale. Due passaggi chiave, per Francesco Rutelli, presidente dell’Istituto dei democratici europei (Ied), ex sindaco di Roma e fondatore del Soft power club, un network internazionale nato per promuovere il dialogo e il compromesso a sostegno dello sviluppo che aprirà la sua quinta conferenza lunedì a Venezia.

Presidente Rutelli, con due conflitti in corso in Medio Oriente e in Ucraina, il potere della diplomazia non sembra godere di ottima salute. No?

«Conflitti e guerre non spariranno dall’orizzonte umano. Ma credo che il valore di questo nostro Club sia nel riunire personalità internazionali che puntano sul potere della persuasione – il Soft Power – e sul dialogo multilaterale. Senza capacità di compromesso, avremmo guerre senza fine».

C’è chi sostiene che l’avanzata ucraina a Kursk abbia rallentato il percorso per un negoziato di pace. Che ne pensa?

«La reazione ucraina all’invasione russa è stata militare, ma ancor più popolare: tutti abbiamo ascoltato le voci di cittadini pronti a morire per non perdere libertà e identità nazionale. Ora l’Europa deve mettere in campo azioni autorevoli per favorire una de-escalation tra le parti».

Eppure si ha l’impressione che l’Ue fatichi a far sentire la propria voce. Che ruolo può, o deve giocare l’Unione in questo scenario globale?

«È un momento veramente difficile, in cui sembra che la nostra Europa stia smarrendo un ruolo globale. Se guardiamo alla competizione mondiale sulla transizione Green e su quella Digitale-IA, a Bruxelles si varano molte regole, ma le politiche industriali si fanno tra Cina e Usa. Dove finiscono capacità di innovazione e posti di lavoro? Ci vogliono strategie coraggiose».

E l’Italia? Il nostro Paese è stato a lungo considerato un ponte tra blocchi: tra Est e Ovest, tra Europa e Africa. È ancora così?

«Guai a sottovalutare le potenzialità italiane: è storia che parla al presente. A Venezia ci incontreremo nel quadro del settimo centenario di Marco Polo. Da poco abbiamo celebrato l’ottavo centenario del viaggio visionario di San Francesco dal Sultano d’Egitto. Magnati contemporanei, come Zuckerberg, richiamano ogni giorno esperienze e istituzioni di Roma. Ma soprattutto Made in Italy, diplomazia Culturale e potenzialità dei nostri territori restano unici al mondo. Dobbiamo consolidarli come leva di cambiamento».

Il piano Mattei del governo può essere uno strumento per rilanciare il ruolo italiano nel Mediterraneo?

«Si, richiamare l’esperienza di Mattei è più importante che mai. Si tratta di attuare e monitorare in modo costruttivo l’efficacia dei programmi avviati dal Governo».

Il commercio internazionale è da sempre considerato un antidoto ai conflitti. Il calo degli scambi deve allarmarci?

«Una canzone degli Abba dice che “Il vincitore si prende tutto”. Ma non funziona così: la moltiplicazione di conflittualità e barriere commerciali fa perdere tutti. A Venezia avremo la Grynspan, che guida la Conferenza Onu su Commercio e Sviluppo: sarà importante ascoltare le sue proposte, in un mondo privo delle gerarchie del secondo Novecento, mentre viviamo una globalizzazione molto più complicata».

Come spingere sulla ripresa?

«Va fatto crescere il ruolo dei cittadini. Nella nostra Conferenza affronteremo danni e minacce delle falsificazioni online. Far crescere gli spazi di un’informazione autentica e sconfiggere fake news vale moltissimo, anche per prevenire e ridurre i conflitti».

Negli Usa si profila un testa a testa tra Trump e Harris. Il tycoon non intende più spendere per la difesa dell’Ue attraverso la Nato. In caso di vittoria di Trump, saremo pronti a fare da soli?

«Passa anche da qui la credibilità dell’Europa. Del resto, la partenza Usa dall’Afghanistan dovrebbe averci fatto capire che avremo maggiori, non minori responsabilità per mantenere la pace e prevenire terrorismo e conflitti».

C’è chi individua un nesso tra crisi climatiche e aumento dei conflitti. Come se ne esce?

«La geopolitica del clima ci riguarda moltissimo, nel Mediterraneo. Quello che occorre è il sostegno popolare. Politiche calate dall’alto allontanano il consenso, mentre dobbiamo puntare sui benefici ambientali (anche con politiche di adattamento), industriali e soprattutto in termini di buoni posti di lavoro».

Lei è stato ministro dei Beni culturali: la cultura può essere uno strumento per promuovere il dialogo?

«Chi distrugge la Cultura allontana la pace. L’Italia può essere protagonista mondiale: lei conosce uno solo tra i miliardi di turisti che vorrebbe distruggere, anziché valorizzare, il Patrimonio universale? Anche qui, valori economici, di innovazione e di dialogo coesistono, e indicano un forte ruolo potenziale dell’Italia».

FONTE: IL MESSAGGERO

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